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 Tradizioni Siciliane

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MessaggioTitolo: Tradizioni Siciliane   Tradizioni Siciliane EmptyVen Ott 04, 2024 10:20 pm

Tradizioni Siciliane Carret10


La Sicilia, isola che è stata dominata da diversi popoli, è una regione nella quale si conservano ancora vive e vitali alcune modalità tradizionali secolari della vita lavorativa e sociale che si rifanno alle varie dominazioni. Quindi è un’isola variegata e variopinta per le sue caratteristiche climatiche e geografiche. Calore, allegria e sole: queste sono le principali caratteristiche di quest’isola meravigliosa. Il calore degli abitanti molto ospitali e che suscitano il sorriso nei turisti perché con la loro spontaneità e la pronunciata gestualità, sanno farsi voler bene da tutti. L’allegria durante le feste locali nei vari comuni della Sicilia, che sono un’infinità, sono una delle maggiori attrattive per i viaggiatori e coloro che amano divertirsi. E  il sole caldo anche d’inverno, le spiagge molto visitate d’estate, e il piacevole clima mite che permette di fare escursioni e gite anche d’inverno. Una delle tradizioni è la pesca del tonno, ancora con le antiche tonnare (Famosissima la Mattanza a Favignana), e quelle della pesca del pesce spada nelle acque dello Stretto di Messina. Nell'artigianato è ancora notevole la produzione di oggetti di vario uso in ceramica. Nell'agricoltura è ancora apprezzata in tutto il mondo la produzione di vini pregiat
Inoltre ricordiamo l'Opera dei Pupi che è la rappresentazione del teatro di figura, tipica della Sicilia, particolare tipo di teatro delle marionette che si affermò stabilmente nell’Italia meridionale e soprattutto in Sicilia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. I pupi siciliani si distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche derivate in gran parte da romanzi e poemi del ciclo carolingio. Anticamente il teatro dei pupi (marionette siciliane) era uno svago, come il cinema per noi al giorno d’oggi. Le armature splendenti dei paladini incantavano grandi e piccini, ma continuano ancora a farlo. Al centro storico di Palermo sono presenti diversi teatri ed un museo, oltre a questi luoghi vi è la famosissima scuola di Mimmo Cuticchio maestro d’arte. È ancora possibile assistere agli spettacoli dedicati alle storie della Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l’Orlando furioso.

I carretti siciliani sono uno dei principali simboli del folclore siciliano. Ad Aci Sant'Antonio, importante centro della cosiddetta Scuola d'Arte del Carretto, buona parte dell'economia del paese si basava su queste attività. C'erano più di 16 botteghe che aggregavano centinaia di persone tra artigiani, carrettieri ed apprendisti. Grazie a loro quasi inconsapevolmente con estrema semplicità, oggi è nato il mito del Carretto di Sicilia.

La Sicilia è anche rinomata anche per “la cucina siciliana” che è strettamente collegata alle vicende storiche e culturali dell’isola, sia alla vita religiosa e spirituale della regione. Si tratta infatti di una cultura gastronomica regionale complessa ed articolata, che mostra tracce e contributi di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia negli ultimi due millenni. Dalle abitudini alimentari della Sicilia greca, rinomate in tutto il mondo antico grazie all'opera di Archestrato, alle prelibatezze dei "Monsù", i cuochi francesi delle famiglie nobiliari, passando dai dolci arabi e dalle frattaglie cucinate per strada alla maniera ebraica, panino con la milza (milza e polmone di vitello), e stigghiole (budella di agnello arrostite), tutto contribuisce a rendere varia la cucina siciliana. Come si può notare dalla situazione linguistica siamo un mix di tradizioni e culture ma non solo in questo campo, ma anche, come è riportato sopra, in cucina. Le specialità siciliane che piacciono a tutti a grandi e piccini. Il simbolo della Sicilia è la cassata, un pan di Spagna farcito di ricotta zuccherata, circondata da pasta reale e decorata con frutta candita. I cannoli, una cialda fritta ripiena di ricotta zuccherata. Il buccellato, in dialetto “cucciddatu”, è un dolce tradizionale per le feste di Natale diffuso in tutta l’isola e ormai pietra miliare della cucina siciliana. Solitamente a forma di ciambella viene anche confezionato in forme più ridotte: i cucciddatini.Gli ingredienti, anche se con qualche variante da luogo a luogo, consistono in ogni ben di Dio: fichi secchi, mandorle, noci, nocciole e pistacchi. Inoltre, il connubio con aromi come il limone, l’arancia, la cannella, la vaniglia e il miele tributa a questo dolce il posto d’onore su un tavolo imbandito per le feste diNatale che contrasta ottimamente, ancor oggi, i settentrionali panettone e pandoro ormai tradizionali anche dalle nostre parti.

Un alternativa al gelato è la granita, molto diffusa in Sicilia, tritato di ghiaccio con sciroppi alla frutta. Mentre per quando riguarda il salato, lo street food siciliano per eccellenza: panelle (frittelle di farina di ceci), crocchè (crocchette fritte di patate lessate), sfincione (una specie di pizza a doppio strato pieno di cipolla).

I dialetti parlati in Sicilia sono tantissimi e pieni di sfaccettature nei quartieri delle singole città. Tutti parlano il dialetto senza vergogna in quanto è una lingua a tutti gli effetti, con una storia e una grammatica propria. Sono diverse le matrici del dialetto siculo: indoeuropea e mediterranea (calancuni onda impetuosa di fiume); greca con la dominazione bizantina (tuppiare bussare alla porta); araba con la venuta dei Saraceni (mischinu poverino); franco-normanna con Ruggero I la Sicilia tornò ad essere cristiana (quasetti calze); gallica, influenza lombarda (orbu cieco); iberica con la venuta degli spagnoli (sgarrari sbagliare).
Un altro dei simboli della cultura siciliana è il variopinto carretto siciliano. Carretti di legno trasportati dai cavalli nel XVIII secolo venivano usati per scopi agricoli, oggi ancora molto diffusi, sono un’attrazione e i turisti hanno la possibilità di farci un giro. Di frutto interamente artigianale, il legno veniva intagliato minuziosamente da maestri d’arte oppure dipinti. Nelle pareti esterne del carretto erano presenti delle narrazioni di eventi dei paladini di Carlo Magno o scene di vita quotidiana. L’interno invece era decorato con forme geometriche di vario colore con i toni del rosso, giallo e blu. Esiste un museo dedicato ai carretti, il “Museo del carretto siciliano” a Terrasini (PA). A mantenere viva la tradizione dei carretti sono i maestri d’arte che spesso per i turisti rivelano le loro tecniche.
La Sicilia è piena di scrittori illustri. Tutto comincia con la Scuola Siciliana alla corte di Federico II, dove si sviluppò il primo volgare. Tra i più illustri ci sono: Giacomo da Lentini, inventore del sonetto; Luigi Pirandello con il suo premio Nobel per la letteratura; Luigi Capuana e Giovanni Verga entrambi veristi; Salvatore Quasimodo altro premio Nobel; Giuseppe Tomasi di Lampedusa, conosciutissimo per il suo romanzo storico “Il Gattopardo”, e molti altri autori.
In tutto  in questo non può mancare la celebrazione di feste religiose cattoliche che è un avvenimento per i cittadini siciliani che aspettano con ansia. Inutile dire che ogni comune ha il suo patrono e quindi una settimana di festeggiamenti in suo onore. Tra le festività più importanti vi sono “il Festino di Santa Rosalia” a Palermo che con le sue preghiere ha liberato la città dalla peste; “la Festa di Sant’Agata” a Catania che anche lei con le sue preghiere evitò che la città venisse distrutta dall’eruzione dell’Etna; “santa Lucia” a Siracusa dove fu martirizzata e per tradizione viene cucinata la cuccìa (grano bollito con cioccolata o ricotta) e molte altre festività.

Per completare questo quadro di tradizioni è bene ricordare il cantastorie, tradizionale figura di intrattenitore ambulante, che si sposta di città in città e di piazza in piazza raccontando una favola, una storia, un fatto, con l’aiuto del canto e spesso di un cartellone in cui sono raffigurate le scene salienti del racconto; i cantastorie in questo loro peregrinare vivevano delle offerte degli spettatori e talvolta dei proventi della vendita di foglietti recanti la storia raccontata. Si posizionavano nelle piazze dei paesi o nelle stalle umide e cantavano o raccontavano le loro storie, antiche o attuali, vere o immaginarie, trovate in giro nei loro viaggi o composte per l’occorrenza.
Spesso i cantastorie adattavano le loro versioni ad alcuni racconti antichi, o li rinnovavano a seconda del particolare avvenimento; sovente una scelta veniva imposta per il dialetto da utilizzare in base al luogo della narrazione e a causa del diffuso analfabetismo.
Incursioni di pirati, miracoli di santi e vite esemplari di devoti, eventi catastrofici, clamorose impiccagioni, leggende sacre e racconti profani, meravigliose vittorie e lacrimevole sconfitte personaggi e momenti epici (Garibaldi ed il Risorgimento sono stati oggetto di interesse di tanti cantastorie e poeti popolari); ogni occasione era buona per i cantastorie per comporre, adattare vecchi canti o tradurre vecchie storie, una delle più conosciute è quella della Barunissa di Carini, si pensa ci siano più di 500 versioni.
I cantastorie rappresentarono l’unico tramite culturale tra il popolo analfabeta e il mondo epico e poetico in cui rivivevano le spagnolesche gesta, le bravate dei paladini del repertorio cavalleresco di Francia e le generose, anche se cruenti imprese dei vari briganti, così cari alla fantasia popolare.
Nel XVII secolo i cantastorie riuscirono ad vere un pubblico vastissimo e avidissimo; erano infatti numerosi, i sentimenti che muovevano gli spettatori ad assistere per ore ed ore alle recite.
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