Il Lucherino. Alcuni ricordi della mia infanzia sono indissolubilmente legati a questo uccellino; ero in terza elementare quando un amico di famiglia me ne regalò uno e per un bambino che, sino ad allora, aveva avuto solo e sempre forastici cinguettanti passerotti, figurarsi la gioia di possedere finalmente un volatile degno di questo nome, il quale non solo si lasciava osservare da vicino senza sbatacchiare spaventato, ma addirittura cantava! Fu amore a prima vista... Mio padre, che non condivideva questa mia passione ma aveva capito benissimo quanto fossi “un malato... di piuma”, durante i periodi del passo, pur di farmi alzare presto nei giorni in cui non c’era scuola, (per apprezzare la bellezza dei colori dell’alba dice va ma in realtà mal tollerava che poltrissi a letto), per anni ha ripetuto sempre e solo lo stesso refrain: “Guagliò!, dai alzati, ci stanno un sacco di lucherini sui pini”. Ed allora io balzavo giù dal letto e correvo fuori; a volte era vero, altre no, ma tant’è: ormai mi ero alzato. Ricordo ancora il piacere provato nell’osservarli da vicino mentre, attirati dal canto del mio richiamo, si fermavano a nutrirsi dei semini delle erbe prative presenti nei campi che circondavano la casa colonica dove vivevo all’epoca. In pratica avevo anticipato di parecchio quella che poi sarebbe divenuta negli anni a venire una passione alla “moda”, vale a dire: il bird watching, così comune nei Paesi nordeuropei e in quelli anglosassoni in particolare e che, negli ultimi anni, ha preso piede anche nel nostro Paese. Queste emozionanti osservazioni erano condivise dalla allora mia giovane mamma (è lei che mi ha trasmesso la passione per gli animali e, anch’ella, come me, “innamorata pazza” del Lucherino), la quale, come tante altre donne nelle zone rurali a quei tempi, si divideva tra la famiglia, la cura della casa ed il duro lavoro nei campi. No il campo, sensibili e compiaciuti, a noi ragazzini consentendoci di effettuare qualche“tirata”. Sebbene all’e - poca le voci fossero ancora bianche, i moccolierano da adulti quando, quello di turno tra noi, imbranato, maldestro o semplicemente emozionato, anticipava oppure indugiava nel tirare la fune che catapulta va la rete, permettendo così allo stormo di volare via. Ah, che bei tempi! e quali piacevoli ricordi ancora oggi che la memoria indugia; non posso che ringraziare il Signore per i miei natali campagnoli e l’ambiente sano e sereno nel quale sono cresciuto. Tuttavia la passione rimane intatta, decido così di procurarmi qualche coppia di canarini domestici, i bei pezzati di allora, robusti e rustici, coi quali intraprendo quel fantastico viaggio chiamato “allevamento” che ancora oggi, tra “gioie e dolori” continua... Negli anni c’è stata poi l’iscrizione alla F.O.I., la lettura di libri specifici e la scoperta che la normativa consente di detenere e allevare, a scopo amatoriale, specie appartenenti all’avifauna autoctona; chiaramente c’è qualche obbligo da osservare. Allevai in in gabbie da 60 cm, che in quelle da 90 cm, fino a quando provai la voliera alla gabbia che preferii, salvo rare eccezioni, quando qualche femmina di terza o quarta generazione dome - stica, si è riprodotta in gabbia salvo poi prendersi qualche “annetto sabba tico”. Ritengo comunque la voliera più adatta, perché oltre ad eliminare eventuali turbe che si manifestano in gabbia, come possono essere, per la femmina la deposizione delle uova fuori dal nido, la mancata incubazio - ne, l’abbandono dei piccoli dopo alcuni giorni o il non allevare affatto la prole alla schiusa; mentre il maschio, oltre a forare la uova come detto poc’anzi, spesso, sornione, sfilaccia filo dopo filo il nido mentre la femmina cova, lasciando le uova a giacere sul nudo vimini senza la soffice imbottitura, con tutte le possibili e immaginabili conseguenze del caso. Inoltre in voliera la specie dà il meglio di sé, esibendo le sue innate doti acrobatiche, particolarmente se è presente qualche ramo secco o arbusto verde. La preparazione alla fase riproduttiva inizia verso la metà di Gennaio, quando fornisco due-tre volte a settimana un cucchiaino a testa dei cosiddetti semi condizionanti, scelti con cura singolarmente e somministrati solo se superano il testdi germinazione; pastone morbido all’uovo - poco gradito in questo periodo per la verità -, una tarma della farina a testa, una volta a settimana passando poi a due e a tre in modo esponenziale, man mano che si procede verso la primavera. Quando ci sono i piccoli nel nido, oltre a semi forniti tal quali come perilla, chia, girasole piccolo nero e lattuga, fornisco un paio di volte al giorno una fettina di mela; erbe prative come il dente di leone (Taraxacum officinalis), crispigno o cicerbita (Sonchus asper), senecio (Senecio vulgaris), ambretta (Scabiosa columbaria), lattuga selvati - ca (Lactuga serriola), piantaggine (Plantago major elanceolata) e altre delle quali conosco solo il nome locale. La fortuna di vivere in campagna mi consente di trovarne in abbondanza e senza soluzione di continuità da Marzo a estate inoltrata , nel mentre che matura il girasole nero - piccolo e medio - che semino ai primi di Marzo, il quale mi permette poi di disporre dall’ultima decade di Luglio e fino a Settembre inoltrato, dei semi allo stato ceroso, nutrienti e sani, ottimi per svezzare le ultime nidiate e per il delicato periodo della muta. Le tarme della farina vengono fornite vive e allo stadio larvale, possibilmente fresche di muta, bianche e tenere senza l’indigesto per i pulli. Osservazioni personali hanno rivelato, tuttavia, che i Lucherini ne “succhiano” il contenuto qualora siano somministrate con cuticola. A partire dal sesto giorno di età dei piccoli fornisco anche tenere foglie di verdura varia, sia coltivata, sia selvatica (buon Enrico, tarassaco ecc.). Da Agosto a Novembre, se condo disponibilità, fornisco la pianta intera, radici con zolle comprese, di portul aca, graminacee come persicaria e digitaria; l’amaran to e il chenopodio, tutte essenze ricche di semini utili sia a mantenerli in buona salute, che ai fini di una buona muta, contribuendo alla brillantezza del piumaggio. Molto precoci rispetto ai nidiacei degli altri Fringillidi (ed anche all’interno dello stessogenus), i giovani Lucherini abbandonano il nido trascorse due settimane dalla schiusa e prima che completino il mese di età, si emancipano. Personalmente, per maggior sicurez za, li lascio ancora con i genitori fino a quando non sono certo che sguscino la scagliola per me seme essenziale rispetto a tutti gli altri. Separati, li alloggio con coetanei conspecifici in contenitori da 90 o 120 cm, (sei, otto unità per contenitore non di più, poiché, come tutti gli Spinus sono litigiosi e attaccabrighe). In questa fase inizio a fornire con una certa costanza sia verdura che ortaggi e, in particolare, fette di cetriolo, zucchine e pomodori provenienti dal mio orto biologico, oltre a parche dosi di perilla, chia e lattuga alternate; naturalmente il girasole di cui sopra, lo fornisco fresco. Partendo dall’ibridazione tra Lucherino diluito x Cardinalino del Venezuela e attraverso questi, grazie alla fertilità di buona parte degli F1 maschi, al Canarino domestico. Sarò ripetitivo, ma ritengo davvero di cattivo gusto quelle mutazioni estreme che, cancellando disegno o cromie peculiari di una specie, gli cambiano i connotati; ma si sa: “non è bello quel ch’è bello, ma è bello quel che piace”… Ritengo comunque importante che in ogni allevamento di mutati vi sia la presenza di una linea parallela di ancestrali puri, ai fini selettivi delle varie mutazioni per il mantenimento di alcuni caratteri peculiari e per disincentivare il ricorso a soggetti presicci. È stato anche, suo malgrado, “vettore” per traslare mutazioni di colore nel Cardinalino del Venezuela, “coadiuvato” in questa operazione dal Lucherino di Magellano, il quale mostra similitudini con il rosso conterraneo (entrambi hanno il cappuccio nero, la barra alare abbastanza ampia, assenza di strie al fianco) oltre a una maggiore percentuale di fecondità dei meticci in ambo i sessi. A proposito di “pastrocchi”: una decina di anni fa è stato dimostrato quanto fosse errata la denominazione Agata e Isabella, usata sia per il nostrano e (per proprietà transitiva) anche per il carduelide sudamericano. Studio tutto italiano stavolta; infatti i “nostri” Massimo Natale e Claudio Scarcia, ibridando un Cardinalino maschio presunto Agata con Canarino domestico Agata mosaico rosso, hanno ottenuto prole mutata solo nel sesso femminile (fenotipo Pastello); successivi test, utilizzando sempre maschio mutato Agata o presunto tale, con Can. domestico Pastello e Cardinalina Agata (?) hanno portato i due bravi tecnici alla conclusione che la mutazione di cui trattasi in effetti è la Pastello e di conse guenza l’Isabella altro non è che la Pastello Bruno. Le loro conclusioni sono state nel frattempo suffragate anche dal risultato ottenuto dal bravo ibridista Mauro Bagiolo, il quale, dall’accoppiamento Cardinalino del Venezuela ancestrale/Isabella x Organetto Bruno Pastello, ha visto la nascita di F1 maschi mutati Bruno Pastello e ancestrale e in tempi più recenti dal l’amico Marco Zaccariache, ibri dando sen za alcun fine “scientifico” un Cardellino Isabella con Lucherina Isa bella, ha visto la nascita di F1 maschio Bruno oltre a una femmina Isabella, confermando ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, la bontà delle conclusioni del duo Natale Scarcia. Ibridazione Di “bocca buona” entrambi i sessi, il maschio è un autentico latin lover (le corteggia tutte) e, genetica permettendo, gli ibridi derivati sono molteplici, da quelli facili da ottenere come con il Canarino domestico e con tutti i fringillidi europei ed asiatici, a quelli con un indice di difficoltà più elevata - sincronizzazione del periodo di estro in primis- come potrebbe essere con esemplari provenienti dall’emisfero australe, quali la maggior parte dei Serini africani. Giusto per dovere di cronaca ricordo che ibridi, o meglio meticci, all’interno del Genere fertili tra loro, a salvaguardia del patrimonio genetico delle singole specie e quindi per disincentivare la loro realizzazione, non erano am - messi alle mostre fino all’anno scorso; da quest’anno si è ritornati alla vecchia pratica. Personalmente sono contrario alla loro realizzazione; esorto pertanto tutti gli estimatori degli Spinus a non meticciare per il semplice vanto di “creare” specie intermedie, o peggio ancora, per travasare muta zio - ni del piumaggio da un “contenitore a un altro!”. Ricordiamoci che ciò in natura avviene spontaneamente e solo là dove gli areali di distribuzione si sovrappongono e nemmeno così spesso... Conclusioni Chissà perché, molti miei conterranei considerano il Lucherino :“auciello ‘e malaugurio” (uccello di cattivo augurio), qualcuno addirittura alla sua vista fa ogni sorta di scongiuro, nessuno escluso. Forse la concomitanza di una presenza massiccia durante il passo autunnale nel mese di Novembre, notoriamente considerato qui a Napoli come il mese dei defunti e per questo poco allegro, abbinata al verso di contatto o richiamo, simile secondo alcu ni, ad un lamento, gli è valsa questa poco allegra nomea; se poi l’abbondanza del passo si veri - fica durante un anno bisestile, di per se già fu nesto, Dio ce ne scansi! Sarà perché sono un cattivo napoletano ma non sono superstizioso e, anzi, considero Gufi, Civette e affini alla stregua di qualsiasi altro volatile, figurarsi il Lucherino poi…